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foto del mese: maggio 2017

 

Felicità! Vurria sapè ched’è chesta parola,

vurria sapè che vvò significà.

Sarrà gnuranza ‘a mia, mancanza ‘e scola,

 ma chi ll’ha ‘ntiso maje annummenà.

 Antonio de Curtis in arte Totò

Napoli mia, io penso sempre a te!“, questa era la sua ricorrente frase, in cui esprimeva tutta l’angoscia e il dolore per la lontananza dalla sua città, la stessa che lo ha amato e che ancora oggi è inimmaginabile senza di lui. Sembra naturale paragonare Totò, dalla personalità esplosiva ed indomabile, alla Napoli affollatissima e chiassosa dei suoi vicoli, delle piazze e del lungomare assolato. Quando morì si spense il sorriso di un uomo buono ed anche triste come tutti i grandi comici. 

L’amico Nino Taranto lo ricordò così, nella sua orazione funebre: “Amico mio questo non e’ un monologo ,ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi. La tua voce e’ nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli che e’ venuta a salutarti, a dirti grazie perché l’hai onorata. Perché non l’hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l’avvolge. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l’allegria di un’ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I tuoi napoletani, il tuo pubblico e’ qui. Ha voluto che il suo Toto’ facesse a Napoli l’ultimo “esaurito” della sua carriera e tu, tu maestro del buonumore, questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Toto’, addio amico mio. Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e non ti scordera’ mai. Addio amico mio, addio Totò“.

Il 15 febbraio, ricorre l’anniversario della nascita del grande Totò. Il 15 aprile del 1967, all’età di 69 anni, morì stroncato da un infarto dopo aver sofferto di una lunga agonia durata giorni.

Il “principe della risata” morì nella sua abitazione romana di via dei Monti Parioli, ma a chi lo visse nelle sue ultime ore raccontò che aveva una profonda nostalgia di Napoli: “Vorrei morire a Napoli, mentre scrivo una canzone o in palcoscenico”. La sera del 13 aprile confessò al suo autista Carlo Cafiero: “Cafie’, non ti nascondo che stasera mi sento una vera schifezza“, mentre la figlia Liliana, racconta che le sue ultime parole furono: “Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano” ed a Franca Faldini disse: “T’aggio voluto bene Franca, proprio assai“.

***

Una rara intervista a Totò, o meglio, ad Antonio De Curtis, che ha avuto luogo nella sua casa di Roma dopo essere stato festeggiato da Napoli e dalla Sanità, ‘o Rione, dove è nato e ha vissuto per quasi venti anni. È un De Curtis allegro e sorridente quello che parla dell’affetto dei napoletani, un momento per lui commovente: “È stata una commovente, una cosa bella, mi sarei abbracciato tutti i Napoletani, uno alla volta“.

Antonio nasce a Napoli, nel quartiere Sanità, in via Santa Maria Antesecula al secondo piano del civico 109, il 15 febbraio del 1898.

La mamma, Anna Clemente lo voleva sacerdote,e amava ripetere : “Meglio ‘nu figlio prevete ca ‘nu figlio artista»

Durante gli anni della prima guerra mondiale si arruolò volontario nel Regio Esercito venendo assegnato al 22º Reggimento fanteria, rimanendo di stanza dapprima a Pisa e poi a Pescia.[40] Venne quindi trasferito al CLXXXII Battaglione di milizia territoriale, unità di stanza in Piemonte, ma destinate a partire per il fronte francese.

Alla stazione di Alessandria, il comandante del suo battaglione lo armò di coltello e lo avvertì che avrebbe dovuto condividere i propri alloggiamenti in treno con un reparto di soldati marocchini dalle strane e temute abitudini sessuali.

Totò a quel punto, terrorizzato, fu colto da malore (secondo alcune voci improvvisò un attacco epilettico) e venne ricoverato nel locale ospedale militare, evitando così di partire per la Francia. Rimasto in osservazione per breve tempo, quando fu dimesso dalle cure ospedaliere venne inserito nell’88º Reggimento fanteria “Friuli” di stanza a Livorno; proprio in quel periodo subì continui soprusi e umiliazioni da parte di un graduato; da quell’esperienza nacque il celebre motto dell’attore: «Siamo uomini o caporali».

« Tengo molto al mio titolo nobiliare perché è una cosa che appartiene soltanto a me… A pensarci bene il mio vero titolo nobiliare è Totò. Con l’altezza Imperiale non ci ho fatto nemmeno un uovo al tegamino. Mentre con Totò ci mangio dall’età di vent’anni. Mi spiego? »

Totò è stato autore di numerose canzoni: la più celebre è di certo Malafemmena

Vita di Totò

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