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foto del mese: marzo 2015

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La visita dell’Angelo Gabriele a Goffredo di Buglione
affinché accettasse il comando dell’impresa
Sala Governatorato S. Eligio Angelo Mozzillo (1787)

La visita dell’Angelo Gabriele a Goffredo di  Buglione affinché accettasse il comando dell’impresa” fa parte del ciclo degli affreschi ispirati alla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, commissionati dal Governo del Banco nel 1787 al pittore Angelo Mozzillo, che li firmò e li datò 1788 nella Sala del Consiglio del Banco e del Pio Luogo del Real Stabilimento di Sant’Eligio a Napoli.  Otto scene principali, cinque per i sovrapporte, tre paesaggi che sovrastano i balconi ed una pianta allegata. La vastissima tela che ornava tutto quanto il soffitto della Sala del Consiglio raffigurante Giove nell’Olimpo, attorniato dalle dee e dalle Muse per la quale alla fine della sua opera l’autore, il Mozzillo ricevette altri 500 ducati, oggi non esiste più. Così come è scomparso l’ornamento degli zoccoli raffiguranti trofei militari. 

Sette tele, di cui cinque  esposte presso la Pinacoteca Provinciale di Bari e due presso Villa Pignatelli a Napoli vennero preparate dall’artista come boz­zetti del ciclo pittorico.
“Non conosciamo il motivo che indusse la committenza alla scelta di un tale soggetto. In realtà, dai tempi del Finoglio fino alla fine del Settecento, altri pittori, a Napoli e nel Mezzogiorno, avevano illustrato episodi del poema di Tasso ma non con veri e propri cicli figurativi.
Ricordo anche che nel 1786 vi fu la riedizione della celebre versione in napoletano del poema, curata nel 1689 da Gabriele Fasano, che la correda delle incisioni eseguite dal genovese Bernardo Castello per l’edizione del 1617. I soggetti prescelti non sono quelli tradizionali. Manca, per esempio, l’episodio di Rinaldo e Armida nel giardino incantato, che tanta diffusione aveva avuto a partire dalla prima edizione dell’opera. Il tema amoroso non è del tutto assente – basti pensare al Battesimo di Clorinda e a Erminia ritro­va Tancredi ferito – ma è interpretato nel suo aspetto più doloroso: due per­sone amate giacciono mortalmente ferite e due amanti le soccorrono.
Per Mozzillo risulta condizionante il luogo che accoglie i suoi affreschi. A noi possono apparire inconsuete per un conservatorio femminile storie di amori e di battaglie, ma 1’artista, già nella scelta dei soggetti, mostra di volerne sottoli­neare l’aspetto religioso. Le scene di battaglia, infatti, di piccole dimensioni, sono relegate negli affreschi sovrapporta, dove è oggettivamente difficile apprezzarle visivamente. Anche il cavallo, che nel Finoglio è considerato anco­ra “strumento di guerra”, nel ciclo del Mozzillo scompare. I grandi riquadri sono occupati invece da episodi in cui è evidente il tema della carità e del soc­corso: Goffredo che si lascia medicare, il Battesimo di Clorinda, Erminia ritrova Tancredi ferito. L’episodio di Rinaldo e Annida ha perso ogni sensualità per diventare una netta contrapposizione tra il bene e il male; Goffredo e l’Arcan­gelo Gabriele sembrano quasi i protagonisti di una novella Annunciazione.
In quest’ottica diventa per noi meno comprensibile l’emarginazione del­l’episodio di Olindo e Sofronia, che l’iconografia pittorica e il teatro secen­tesco avevano fortemente sacralizzato, trasformando la fanciulla in una mar­tire cristiana e celebrandone le vicende durante la Quaresima. Nei primi decenni del XVII secolo, in ambito napoletano, i temi estrapola­ti dalla Gerusalemme Liberata appaiono prima in teatro che in pittura. In parallelo con la scenografia teatrale contemporanea, Mozzillo utilizza spes­so la prospettiva ad angolo, e mostra interesse per la fedeltà storica sia nel­l’ambientazione che nei costumi. Egli si mostra il più fedele interprete, a distanza di quasi due secoli, delle incisioni di Bernardo Castello, anche se ne fa un uso piuttosto libero: non sempre infatti vi è coincidenza tra l’iconogra­fia e il canto da cui ha attinto il soggetto. I dipinti, attribuiti da Nicola Spinosa a un anonimo pittore parmense vicino a Pier Ilario Spolverini (in Il patrimonio, 1984, pp. 452-455), sono stati assegnati in seguito, dallo stesso studioso, al Mozzillo (1987, p. 144). Lo Spinosa conclude che si tratta dei bozzetti preparatori per il ciclo in Sant’Eligio al Mercato.
Nel passaggio all’affresco si sono persi l’immediatezza espressiva e gli scin­tillii di luce, che pongono i bozzetti tra le opere più interessanti dell’artista. Nelle tele le scene, in particolare Goffredo si lascia medicare, Erminia ritro­va Tancredi ferito e il Battesimo di Clorinda (quest’ultimo presso Villa Pigna­telli), non occupano l’intero spazio pittorico. Probabilmente il Mozzillo ha voluto riprodurre sulla tela l’effetto degli affreschi riquadrati da una greca oppure le parti non dipinte erano occultate dalle carpenterie.
Nella Elezione di Goffredo di Buglione è rappresentato il momento in cui Goffredo, dopo aver ricevuto l’annuncio dall’angelo, viene nominato capo supremo dell’esercito cristiano. La scena è affollata da figure che si pongo­no in cerchio intorno al neo eletto. Goffredo, benché in posizione decentra­ta, domina la scena, dimostrando di aver acquistato pieno coraggio.
A confermare la rivelazione divina, vi è la presenza del frate che volge lo sguardo al cielo in segno di ringraziamento. Goffredo è raffigurato a figura intera, vestito di tutto punto. Il mantello color porpora era per i romani un segno di distinzione per i capi, usanza che decade nel Medioevo.
La folla si apre per far spazio a Goffredo, il quale è colto nel momento in cui riceve onori e riconoscimenti dai suoi soldati, uno dei quali gli porge lo scritto. Egli si appresta ad entrare in battaglia e non c’è nulla, anche visiva­mente, che ostacoli il suo cammino. Qui tutto si apre e si spiana al suo pas­saggio, compresa la folla che si fa da parte. Tutta l’attenzione dei presenti è concentrata su Goffredo, non c’è nessuno tra loro che volga lo sguardo allo spettatore, nessuno si preoccupa del pubblico: addirittura c’è chi, come la figura a destra, dà le spalle a chi guarda.
Seguendo una prospettiva decentrata, sullo sfondo è rappresentata una fila di tende dai colori pastello, la cui diversità cromatica serve ad accentuare la profondità.
Mozzillo sembra aver tenuto conto dell’incisione che Bernardo Castello rea­lizzò non per il primo, bensì per il quarto canto, il momento in cui Arquata sfida i soldati cristiani. È da quest’ultima che il nostro ha tratto qualche spun­to: per esempio nel porre Goffredo davanti alla sua tenda. Ma nell’incisione tutte le figure sono colte di profilo come in un fregio bidimensionale.
La versione del Mozzillo propone invece, nella frontalità di Goffredo e nella posizione scalata su piani diversi dei cavalieri, una circolarità che sottolinea la profondità dello spazio d’azione”.

Milena Pastoressa

in La collezione d’arte, 2002, pp. 51-55.

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