Il Campo del Moricino è il nome che in età normanno-sveva venne dato alla Palus Neapolitana, l’area dell’odierna Piazza Mercato. La zona, che a quell’epoca era parzialmente urbanizzata, era frequentata da molti mercanti, sopratutto Mori, da cui il nome.

Il Campo del Moricino è legato anche alle sepolture che i viandanti o i mercanti trovavano in quel luogo. I quartieri Mercato e Pendino, nati separatamente nel 1779 al momento della ripartizione della città in dodici quartieri ad opera dei Borboni, furono unificati nel corso degli anni ‘70 nell’attuale VII Circoscrizione Comunale della città di Napoli. Oggi, insieme ai quartieri Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe e Porto, costituiscono la II Municipalità.

Lo sviluppo commerciale dei due quartieri proseguì praticamente in maniera ininterrotta come è dimostrato dal brulichio di vicoli e vicoletti dedicati a questo o quel settore produttivo: Via dei Calzolari, Via Arte della Lana, Vico Zappari, Vico Barrettari, Largo degli Orefici, Via dei Candelari, Vico dei Tintori, Piazza della Selleria. Il fulcro del commercio, ma anche della vita politica e sociale dei due quartieri, era rappresentato da Piazza Mercato, luogo di incontri, di scambi, di rivolte popolari, di esecuzioni capitali, di feste pagane e religiose. La particolarità del luogo era accentuata dall’adiacente Piazza del Carmine che costituiva un tutt’uno con il largo del Mercato della cui vita essa stessa viveva. Intreccio di storia, arte, costume popolare, religione, commercio spezzato in tempi recenti dalla mano dell’uomo che, andando in cerca di spazi più rispondenti alle esigenze di una società sempre più globalizzata, non esita a dimenticare il suo passato. Il castello del Carmine, la cui costruzione risale al 1382 per volere di Carlo di Durazzo, serviva a consolidare ad oriente il sistema difensivo della città, fu chiamato “Sperone” per la sua pianta concepita con questa forma. Nato esclusivamente con scopi militari, il castello non fu dotato di alcun elemento sontuoso, ma solo di forti torri cilindriche, di un elevato torrione e di merlate mura perimetrali costituite da robusti blocchi di piperno. Notevolmente ampliato durante il periodo vicereale fu espugnato dal popolo durante la rivolta di Masaniello. Nel periodo 1740-49, con la definizione dei nuovi assi di comunicazione verso i paesi vesuviani ed il rifacimento della zona portuale, fu costruita lungo il litorale napoletano, dal Molo Piccolo al Carmine, la “Strada Nuova” (oggi via Nuova Marina), cosa che implicò l’abbattimento di tutte le mura verso il mare; la strada, che consentì un più agevole collegamento lungo tutta la fascia costiera orientale della città, fu eseguita all’architetto militare Giovanni Bonpiede, che elevò il livello stradale, lo ricoprì con lastroni di lava del Vesuvio, piantò una doppia fila di salici per l’ombra e pose a distanze regolari dei sedili di pietra per il riposo dei viandanti. Nel 1799 il Castello del Carmine, occupato dalle truppe francesi; fu assalito da turbe dei popolari che issarono la bandiera borbonica e lo ricedettero ai francesi solo dopo strenua resistenza; alcuni mesi dopo, con 1′arrivo dei sanfedisti del cardinale Ruffo di Calabria, le stesse turbe lo assaltarono nuovamente, cacciando via i Francesi e attuando una feroce vendetta contro i repubblicani napoletani che vi si erano rifugiati. Il Castello fu trasformato immediatamente in carcere e per primi vi furono imprigionati molti dei martiri della repressione della Rivoluzione; l’edificio mantenne la funzione di penitenziario per tutto il periodo borbonico (rimangono ancora le cancellate alle finestre nel tratto aragonese rimasto). Nel 1860 il castello cambiò solo leggermente la sua funzione, diventando carcere militare; da questa data si assiste al suo progressivo smantellamento.

Nel 1864 fu demolita la porta del Carmine, unitamente alle torri che la fiancheggiavano, per la decisione del Municipio di operare lavori di ampliamento della sede viaria (attraverso la copertura dei fossati) dell’attuale corso Garibaldi, e per allargare il passaggio tra quest’ultimo e la piazza del Mercato Nel 1906, passato miracolosamente indenne il Risanamento, fu invece quasi completamente abbattuto ancora per far posto al rettilineo di Corso Garibaldi, nonché per essere sostituito dal panificio militare (caserma G. Sani; al suo interno sembra rimangano alcuni resti del castello).

L’ultimo intervento, pochi decenni dopo, per l’allargamento della via Nuova Marina, comportarono un ulteriore taglio al chiostro del complesso del Carmine (oltre al panificio) e lo spostamento del Vado del Carmine sullo spartitraffico che divide le corsie della strada, a tener tristemente compagnia alle altre due ultime reliquie del castello oggi rimaste, cioè le torri Brava e Spinella, ormai assolutamente estranee al contesto urbano.

 

 

Le fasi attuative del presente progetto si snodano attraverso una serie di azioni miranti al recupero della conoscenza, da parte sia dell’ attuale generazione presente sul territorio che di quella futura, dell’evoluzione urbanistica di piazza Mercato attraverso la “riscoperta” di uno degli elementi architettonici, più significativi: “il castello del Carmine”.